venerdì 29 novembre 2013

L'omicidio di John Fitzgerald Kennedy e l'illusionismo applicato ai sistemi politici democratici: come il potere può condizionare l'opinione pubblica tramite i mass media (video all'interno)

Di Gilberto M.


Nel cinquantenario della morte del presidente americano (L'assassinio di John F. Kennedy, trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti, avvenne venerdì 22 novembre 1963 a Dallas, Texas, alle 12:30) c’è quella sorta di finzione con la quale ci si chiede come se si trattasse di questione aperta, se l’assassino sia stato tale Lee Harvey Oswald (poi ammazzato in diretta), o se invece si sia trattato di un complotto. Il quesito è talmente fasullo da non meritare neppure di spenderci una parola. Quello che trovo più interessante è che l’evento del lontano 1963 costituisce davvero il modello emblematico di quel sistema politico che chiamiamo democrazia (naturalmente al di là del suo significato denotativo, ma intendendo il termine così come si è andato configurando nel  dopoguerra più o meno in tutti i paesi occidentali). Al di là della retorica e delle procedure che caratterizzano il sistema sorto con il suffragio più o meno universale nella sua espressione connotativa, occorre dire che in certe sue manifestazioni conserva qualcosa del gioco di prestigio.

Un gioco di prestigio è un accadimento che crea un’illusione nella mente dello spettatore, qualcosa cioè che esiste in un modo diverso da ciò che è veramente, in ciò che appare. Le modalità con le quali viene messo in atto il trucco magico possono essere talvolta complesse e ingegnose (con la messa in campo di strumentazioni e apparati davvero impressionanti, vere e proprie scenografie, perfino effetti speciali da guerre stellari) oppure basate sulla abilità delle mani del prestidigitatore o esclusivamente sugli effetti di suggestione indotti ipnoticamente… Ci interessa l’effetto psicologico, l’illusione appunto, che determina nella mente dello spettatore - al di là della meraviglia, dell’ilarità e talvolta della paura, dell’inquietudine e del dolore – quelle aspettative e quelle deduzioni che vengono implementare surrettiziamente. Occorre però dire che chi assiste a un fenomeno di magia sa già che c’è un trucco e è disposto ad accettare il gioco di prestigio come vero, anche se sa perfettamente che si tratta di illusionismo. Tale concessione viene accordata quanto più il prestigiatore è stato abile nel rappresentare l’effetto scenico per stupire il pubblico. Lo spettatore insomma da un lato vorrebbe smascherare il mago, ma dall’altro, essendo palese che si tratta di uno spettacolo di intrattenimento, è perfino disposto a chiudere un occhio, a stare al gioco, perfino quando il trucco non viene bene o appare abbastanza prevedibile nella sua esecuzione.

Occorre anche dire che l’illusionismo presuppone la conoscenza di certi meccanismi della psicologia umana, quegli inganni naturali e quegli errori di valutazione, nei quali si cade involontariamente soprattutto quando l’evento appare del tutto plausibile, coordinato e svolto con naturalezza e senza forzature. Quando il prestigiatore cerca di far apparire come vera magia quella che è solo illusione, subentrano resistenze e sospetti da parte dello spettatore smaliziato che non è disposto a uscir fuori dall’alveo dell’intrattenimento e di accordare al mago più di quello che lui è effettivamente, solo un illusionista e non già un operatore dotato di poteri soprannaturali o taumaturgici. Quando il mago per finta vuole essere qualcosa di diverso (astrologo, cartomante, chiromante… operatore dell’occulto) occorre  un surplus di autorevolezza e di legittimazione che non tutti sono disposti a concedere (l’autosuggestione e in qualche caso la complicità involontaria con un procedimento talvolta fraudolento). Altre forme di complicità possono comunque risultare completamente normali in quanto fondate sul tacito accordo che si tratta soltanto di un divertissement. L’astrologia, ad esempio, quando è solo un gioco, una sfida al buon senso e alla normalità quotidiana, può perfino rappresentare quell’effetto placebo che realmente può indurre vantaggi reali come qualsiasi farmaco dell’anima (e non solo), quella pillola solo con lo zucchero che comunque ci fa sentire meglio perché stimola l’ottimismo e la fiducia in noi stessi sollecitando le nostre difese naturali.

Va da sé però che i giochi di illusionismo più potenti sono quelli che non si qualificano come tali, non si servono di apparati artificiosi come quelli di un prestigiatore e non si presentano allo spettatore in veste di eventi d’eccezione, ma solo e soltanto in un contesto di assoluta naturalezza e di perfetta rispondenza alle leggi della fisica, alla deduzione logica e al sillogismo, e al buon senso (altrimenti non sarebbero credibili).

La premessa è utile per inquadrare quelli che nei sistemi basati sul consenso sono le sceneggiature in grado di orientare l’opinione pubblica attraverso degli illusionismi che non solo non si qualificano come tali ma che di fatto rappresentano dei veri e propri sistemi occulti di persuasione basati sulla apparente naturalezza, sulla plausibilità e verosimiglianza, senza forzature e senza pressioni sull’audience che mai e poi mai vuole sentirsi manipolata. D’altro canto la persuasione per qualificarsi come tale non deve produrre nessun orpello del tipo di quello dell’illusionista con i suoi apparati scenografici e i suoi travestimenti che ci inducono immediatamente a comprendere che si tratta proprio di uno spettacolo e comunque a instillare in noi il sospetto di volerci condurre per mano... Questo non significa però che le forme più potenti di illusionismo, quelle dei sistemi politici basati sul consenso, non si servano di apparati atti a produrre illusioni, tutt’altro, si tratta di apparati sofisticati e complessi che utilizzano esperti in ogni settore, apparati che però non tradiscono mai la loro utilizzazione e il loro scopo, e per questo devono avere l’apparenza della neutralità e dell’obbiettività, e instillare fiducia e senso di appartenenza nel cittadino nei confronti di sistema informativo corretto e obiettivo.

Per entrare in argomento senza ulteriori precisazioni dirò che due sono gli eventi emblematici, pietre miliari dell’evoluzione del sistema dell’illusionismo applicato ai sistemi politici democratici: L’omicidio Kennedy appunto, e l’11 settembre. Naturalmente - prima, dopo e tra - si danno molti altri esempi di illusionismo, ma qui ci interessa l’evoluzione nei suoi aspetti essenziali, paradigmatici, che in qualche modo riassumono il mondo contemporaneo con l’utilizzo dei mass media in modo sistemico e attraverso una pianificazione scientifica dell’uso della propaganda e soprattutto del condizionamento (classico e operante) applicato all’orientamento dell’opinione pubblica, delle pubbliche relazioni e delle scelte elettorali.

L’omicidio Kennedy e l’11 settembre sono due sceneggiature che costituiscono anche modelli di psicologia sociale in funzione di un processo di ingegneria politica in vista di scopi non dichiarati e che ciascuno è libero di interpretare alla luce degli accadimenti dei quali sono stati in qualsiasi modo il seme. Il film di cui essi sono solo la premessa non ci interessa in questa analisi, ci interessa per così dire l’aspetto tecnico-espressivo di due stili, due modalità di intrattenimento che rappresentano non solo l’evoluzione degli strumenti filmici e delle metodologie di persuasione, ma anche l’evoluzione del target (il pubblico) nella sua qualità di destinatario, nel suo sistema simbolico, nelle sue idiosincrasie e nelle sue competenze ideo-logiche, in una parola nell’immaginario collettivo.

Intanto dobbiamo dire che i due copioni insieme a molte analogie presentano significative differenze sia sul piano simbolico, sia su quello tecnico, sia infine dal punto di vista psico-sociale, segno di una evoluzione, e in certo senso anche involuzione, delle competenze e delle capacità percettive e deduttive del target (e segno anche di una trasformazione delle strategie mediologiche del sistema politico sempre più orientato a un connubio tra reale e virtuale). In entrambi i casi c’è un’azione in diretta televisiva, un documento che vuole fare della trasparenza e della informazione il suo punto di forza. Si tratta di eventi perfettamente documentati con diverse inquadrature, fotografie, sonoro, perfino con l’utilizzo dello spettatore come regista occasionale e testimone attrezzato di cineprese e macchine fotografiche, tutto in perfetta sintonia con un sistema, quello democratico, nel quale l’elettore è protagonista e non solo spettatore sulla scena. C’è un quadro di Escher che rappresenta questo dualismo dello spettatore dal titolo Prentententoonstelling (Galleria di Stampe) dove un uomo in una galleria d’arte osserva un quadro di un paese sul mare e mediante una curva ellittica nel quadro c’è anche la stessa galleria d’arte nel quale l’osservatore si trova). Insomma un quadro autoreferenziale, l’osservatore fa parte del quadro che sta osservando. Questo è sicuramente un elemento estremamente importante di un sistema democratico, la visibilità e la documentazione che corrispondono a un assunto dei sistemi democratici: la persuasione comporta che all’osservatore-spettatore non solo sia trasmesso un documento informativo, ma che lui stesso (o per interposta persona, con gli occhi di una telecamera o con un testimonial) sia sulla scena, che faccia parte della storia, che entri nel frame del quadro. 

Insomma, occorre che l’osservatore imparziale attesti che la mano del prestigiatore tenga davvero in pugno la pallina che per magia passerà nell’altra mano (la destrezza della mano prestis digitus provvederà poi a creare il gioco di prestigio che comunque presuppone l’elemento di abilità mostrando platealmente, quello che fa la mano destra per nascondere quello che fa la sinistra). Possiamo dire che tanto più documentato e palese è il coinvolgimento del pubblico nel gioco di prestigio mediatico e tanto più il gioco viene bene, lo spettatore entra nella cornice senza rendersi conto di essere non solo una comparsa, ma il vero attore involontario del film nel quale in fondo è lui il vero protagonista. Ovviamente la scelta del soggetto, lo spettatore (che in qualche caso può essere un compare, un complice della regia, ma perfino ignaro del suo vero ruolo nel copione) è molto importante per assicurare il massimo di spettacolarizzazione e la riuscita dell’illusione. 

Non si tratta di giocolieri dove l’abilità è plateale, e nemmeno si tratta di camminare sui carboni ardenti o di stendersi su un letto di chiodi o di levitare o di liberarsi magicamente dalle catene alla Houdini. Si tratta proprio, come in un gioco di prestigio, di mettere in atto quella misdirection, quella focalizzazione dove si vuole che l’attenzione sia diretta. Attirare l'attenzione del pubblico su quelle parti della scena che la regia ritiene opportune sviando l'attenzione da quello che non deve essere registrato dall’occhio (ma soprattutto dalla mente). Evidentemente tale deviazione dell’attenzione (e in qualche caso dello sguardo) - ma in ogni caso dei processi di inferenza logica - può essere messa in atto solo con tecniche raffinate sia di tipo fisico (spettacolarizzazione, climax, effetti speciali) sia di tipo psicologico (voci che corrono, false informazioni, inquadrature ad hoc, e tutto l’armamentario delle figure retoriche come ad esempio l’enfasi (l’accentuazione) o l’Understatment (la sottostima o la svalutazione).

In un sistema democratico dunque è impensabile un omicidio di palazzo, che si realizza nel chiuso anonimo di una stanza. Un presidente eliminato senza che sia plateale il suo omicidio non farebbe che suscitare sospetti ben più profondi e radicati di quanto avvenga in un omicidio in diretta con milioni di testimoni ad attestare che è tutto vero. Si tratta appunto di documentare con le telecamere, le cineprese, le fotografie, il sonoro… che riproducono l’evento alla nausea e con un pubblico dibattito che riafferma i principi della trasparenza e dell’informazione a dar conto che è tutto naturale e che non c’è nessun trucco, che i movimenti sono fluidi e i ritmi (timing) sono coerenti con l’azione, che non c’è impalmaggio (non viene nascosto niente nella mano). Insomma, usando il linguaggio della prestidigitazione occorre dimostrare al mondo che è tutto alla luce del sole e non c’è inganno e che l’assassino è proprio quello catturato quasi subito e con le mani nel sacco.

La sceneggiatura dell’omicidio Kennedy in realtà mostra molte incongruenze, impalmaggi, reticenze, understatment, inverosimiglianze... una storia che fa acqua da tutte le parti, ma non è questo che importa. Chi deve giudicare non è un tecnico del suono, un esperto di psicologia sociale, un detective, un massmediologo, un cameramen o un fotografo professionista, un esperto balistico, un analista dell’immagine… l’importante è che il prodotto sia confezionato ad arte, che sia plausibile per un pubblico medio (il 90% della popolazione), che risponda a sufficienti criteri estetici e che abbia una sua verosimiglianza in ragione del gusto e della cultura media dello spettatore. Si tratta cioè di un prodotto dove il tutto è maggiore della somma delle parti anche là dove ciascun elemento della fiction, presa singolarmente, presenti falle e incongruenze. L’importante è che il film risulti nel suo complesso così ben confezionato e diretto da risultare perfino credibile e verosimile agli occhi di un’audience non troppo smaliziata che non necessita di motivazioni complesse ed elaborate, bensì di giochi e scene di impatto immediato. Nel caso Kennedy poi il pubblico è coinvolto in prima persona, una sorta di street magic che viene esperito da varie angolazioni con testimoni oculari.

Nel caso dell’11 settembre il gioco di prestigio si è però fatto più pesante, non solo per il numero dei morti, ma anche per i mezzi profusi, uno script degno di un colossal di science fiction. Quasi quarant’anni di filmografia con un incremento esponenziale di effetti speciali e di nuove tecniche cinematografiche e televisive, e con adeguate strumentazioni e diavolerie informatiche, non potevano non incidere su una spettacolarizzazione all’ennesima potenza. Nessuno spettatore abituato a film come la serie di Alien, a quella di Terminator e Guerre Stellari avrebbe potuto dar credito a un evento con migliaia di morti se non fosse inquadrato in qualcosa di così drammatico e spettacolare come il crollo delle Torri gemelle e la demolizione di una parte del pentagono ad opera del dirottamento aereo.

Se però guardiamo le due sceneggiature, Omicidio Kennedy e 11 settembre, non si può non rilevare che la prima è ricca di elementi psicologici e di sfumature esistenziali che la rendono più simile a un film di Alfred Hitchcock rispetto alla seconda che appare più orientata alla spettacolarizzazione colossal, ad un film Avatar ante litteram. L’omicidio di Kennedy è pregno di notazioni ricche di pathos (il dolore e lo sconcerto dei testimoni), di dettagli onirici (molte inquadrature sovraesposte alla luce da parte di fotografi dilettanti), di forme retoriche ricercate (l’uomo che tiene aperto un ombrello nero nonostante la bellissima giornata di sole), di riferimenti allusivi (Oswald come personaggio ossessionato psicolabile e frustrato), di personaggi equivoci (Ruby gestore di un night club e collegato alla mafia) e di elementi estetici (la folla che fa ala al corteo presidenziale ricorda certi quadri di Magritte). 

L’omicidio inquadrato da una pluralità di prospettive attraverso le molte pellicole a disposizione da parte degli spettatori ricorda la scena del film Psycho (1960) dove la scena della doccia si compone di 70 inquadrature in soli 45 secondi; i vertiginosi movimenti di macchina (zoomate) del film La donna che visse due volte (1958), e il MacGuffin (l’espediente) di Oswald filocastrista in cerca di fama. E il piano sequenza apparentemente senza tagli del montaggio… Anche gli strumenti e oggetti di scena rimandano a una regia che si affida all’understatment e al minimal (la limousine Lincoln Continental scoperta senza nessun sistema di sicurezza, l’arma del delitto un Carcano mod 91, fucile da quattro soldi di fabbricazione italiana con un’ottica di ‘precisione’ molto approssimativa). Insomma, un film dall’estetica non banale e dall’uso della soggettiva come inquadratura di elezione (la smorfia di dolore di Oswald quando viene raggiunto dalla pallottola di Ruby o ancora Oswald che saluta col pugno alzato mentre viene trasferito senza nessuna precauzione dalla centrale della polizia di Dallas alla prigione della contea). Un film credibile da un punto di vista cinematografico (ma solo cinematografico) e con una sceneggiatura che, per quanto con molte falle, risulta nel complesso accettabile. E non è detto che il mandante non figuri sul luogo del delitto, proprio come Hitchcock che amava apparire in almeno una scena. 

C’è da dire poi che le commissioni d’inchiesta (rapporto Warren e HSCA) hanno il carattere un po’ surreale del trailer, magari con l’aggiunta delle scene tagliate in fase di montaggio, degli special shoot . In ogni caso stanno a dimostrare che le possibilità della fiction sono talmente numerose, in qualche caso davvero fantasiose, che il promo si mantiene suppergiù fedele al feedback iniziale.

Nell’11 settembre invece la sceneggiatura sembra affidarsi più che altro agli effetti speciali, al colossal, segno di una sceneggiatura psicologicamente più povera e stereotipata, di una spettacolarizzazione di impatto che vuole soprattutto stupire, povera di elementi cognitivi e psicologici e pregna di fattori emozionali (l’aereo che penetra come una lama nel grattacielo) che di fatto riempiono il frame (lo sguardo e la memoria dell’osservatore in una sorta di imprinting ipnotico in grado di sovrascrivere e cancellare qualsiasi altro elemento mnestico). Un  pick-pocketing, un borseggiatore dell’anima sotto forma di stupore quasi catatonico in grado di obliterare qualunque procedimento razionale in un shock emotivo che azzera qualsiasi lucidità. L’effetto di transizione è rilevante perché è il segno di un’audience impoverita sul piano cognitivo, sempre più disposta ad assimilare informazioni che trovino consonanza sul piano spettacolare e del segnale amplificato, ma carente su quello logico-deduttivo e soprattutto sempre più dipendente dalle informazioni degli esperti, dei guru della scienza, dei tecnocrati della politica, dei mallevadori massmediatici.

Quale stile caratterizzerà il prossimo film dell’illusionismo socio-politico? Sicuramente il connubio tra reale e virtuale sarà portato all’esasperazione. Cadaveri dissotterrati per simulare catastrofi umanitarie? Manichini di simulazione? Scenografie di apocalissi mediatiche… o forse milioni di morti veri trasformati in semplici anime invisibili volate in cielo? Gilberto M.




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5 commenti:

Manlio Tummolo ha detto...

Carissimo Gilberto,

sei terribile (nel senso positivo, intendo !). Affrontare questa enorme problematica risulta di estrema difficoltà. La democrazia, si sa, si fonda sul consenso, ma come va ottenuto il consenso, con la verità o con la menzogna ? Se la democrazia fonda il suo consenso sulla menzogna è solo pseudodemocrazia, parvenza di democrazia, non democrazia in senso proprio che richiede consenso consapevole, libero, informato e responsabile, condizioni dalle quali siamo lontanissimi. Democrazia in questo senso è ancora oggi utopia e insieme eutopia: "non luogo e buon luogo", un Ideale da raggiungere, se la nostra umanità sarà in grado di raggiungere. Ma non raggiungerlo porterà inesorabilmente all'autodistruzione dell'umanità stessa, che farà una fine analoga a quella dei dinosauri, ma molto più rapida.

Anonimo ha detto...

Sì Manlio, un po' terribile lo sono, lo riconosco, ma forse non abbastanza. Per questo auspico senz'altro la tua collaborazione. Riguardo all'utopia (luogo inesistente o luogo felice?) le fosche nubi che si addensano sul futuro dell'umanità mi lasciano piuttosto dubbioso. Siamo tutti in attesa di un miracolo o meglio una magia...
Ciao
Gilberto

Anonimo ha detto...

Se definiamo la magia come la pretese degli uomini di impossessarsi dei poteri della divintà, possiamo spiegarci molte cose su questo argomento... mi basta pensare a quando con una scheda elettorale alla mano abbiamo l'illusione di cambiare le cose, di migliorarle, si spera...E come si è detto,tutto avviene come in un gioco di prestigio,sotto,sotto lo spettatore sa che il trucco c'è ma accetta consapevolmente il compromesso che fa parte del gioco. Sono sognatrice ma spero che l'umanità tenda all'infinito a raggiungere un ideale di democrazia,nel suo significato più nobile,quello etimologico.

Anonimo ha detto...

scusate l'anonima si chiama Cecilia...

magica ha detto...

questo post non l'ho capito .
lo scrittore che vorrebbe sostenere? che l'omicidio di kennedy fu il copione di una sceneggiatura? e pure la caduta delle torri gemelle di new york?
oppure è un post scritto con ironia.. o altro?