sabato 11 gennaio 2014

Le storie maledette di chi si è visto rapire i figli dagli assistenti sociali e dai giudici minorili. Dai Deambrosis ai Camparini ai tanti altri genitori che lo Stato non tutela

Luigi Deambrosis e Gabriella Carsano
In Italia trentaduemila bambini (32.000), e mi riferisco solo alla fascia di età che parte da un giorno di vita e arriva fino ai dodici anni, sono in affidamento forzato. Alcuni in istituti, altri in case famiglia oppure in famiglie sparse per il paese e convenzionate con lo Stato italiano che per ogni bimbo tolto ai genitori paga in media duemilacento (2100) euro al mese. L'affare che deriva da quanto mettono in atto assistenti sociali e giudici minorili è fin troppo facile da quantificare. Siamo sugli ottocentocinquanta milioni di euro l'anno (€ 850.000.000). Un vero business per qualsiasi struttura convenzionata, in quanto i bambini non necessitano, come gli anziani non autosufficienti curati nelle case di riposo, di cure particolarmente costose o di infermieri e dottori  che garantiscano una costante presenza. Ciò che deriva da questa sconvolgente situazione è altamente drammatico e crea una netta spaccatura, parlando di decisioni da prendere, fra gli stessi operatori dei Servizi Sociali che si trovano ad avere vedute diametralmente opposte uno dall'altro. Una stragrande maggioranza di loro sta dalla parte del bambino e si dimostra umana nel cercare in ogni maniera di ricostruire il rapporto genitore figlio, nel cercare di aiutare la famiglia che non vive disagi assoluti ma periodi di difficoltà. Una minoranza, forse perché frustrata o poco incline a un lavoro che richiede dedizione (non voglio pensare ci siano operatori che in cambio di un bimbo dato in affidamento prendono percentuali da strutture private), si comporta in maniera arbitrariamente ambigua fra i vari casi che vengono di volta in volta segnalati. Segnalati perché le situazioni famigliari con criticità di solito vengono denunciate, segnalate, dai vicini di casa.

Tutte le famiglie possono avere periodi di difficoltà (economiche, mentali, coniugali, ecc...) e non è difficile abitare accanto a vicini astiosi o psicopatici. Per entrare meglio nell'argomento, c'è da dire che oltre ai vicini di casa chi segnala usualmente le situazioni di disagio familiare sono i docenti scolastici, le forze dell'ordine e, quando i problemi esistono davvero e sono grossi, gli stessi figli o il genitore vessato. Ciò che la gente non sa è che per ogni famiglia segnalata, per ogni genitore che chiede un aiuto concreto (quindi non una consulenza che è sempre gratuita), i servizi sociali hanno l'obbligo di aprire una pratica e informare un giudice minorile. A quel punto non si può tornare indietro perché la pratica deve seguire un suo iter ben definito. Molte volte tutto si sistema, gli assistenti sociali si prodigano, l'aiuto arriva, la situazione critica si risolve e il giudice si adegua e lascia il figlio alla sua famiglia d'origine. Altre volte, invece, tutto si complica, gli assistenti sociali si impuntano su una propria convinzione, il giudice la condivide e si corre il grande rischio di vedersi portar via, per motivi che non hanno alcuna vera spiegazione logica, uno o più figli. Tanti sono i casi in cui l'umanità non è entrata nella mente dell'assistente sociale. Tanti sono i casi in cui l'obiettività non ha trovato posto nella mente dei giudici. Uno dei più emblematici è di certo quello trattato più volte da "Chi l'ha Visto" e riguarda una bimba, che in tivù era chiamata "Stella" ma che all'anagrafe si chiama "Anna Giulia Camparini", che fu tolta ai genitori per motivi veramente insulsi.

La famiglia Camparini nel 2007 vive a Reggio Emilia, non ha trascorsi felici ma da due anni, dopo la nascita della figlia, pare aver trovato una certa stabilità tanto che la droga è solo un lontano ricordo. La coppia sta sistemando casa, vive in una bifamiliare con giardino e cortile e deve finire alcuni lavori, oltre a imbiancare i muri per renderla più confortevole e godibile, per questo ci sono scale e altre attrezzature sparse per le stanze. Una notte, all'improvviso, alcuni uomini dell'antidroga fanno irruzione nel loro appartamento. Per entrare passano dalla finestra della camera di Anna Giulia, che a vedere quegli omoni grossi e neri chiaramente si spaventa. I genitori corrono in suo soccorso e scoprono che un giudice ha autorizzato una perquisizione in quanto si presume, voci di confidenti, ci sia della droga nascosta in casa. Ma droga non ce n'è e tutto pare essere passato: anche se i Camparini non hanno preso bene lo spavento subìto dalla figlia e qualche parola di troppo agli omoni l'hanno detta. Ma non è passato nulla, anzi, il peggio deve ancora venire. Dopo qualche giorno gli assistenti sociali, allertati dai carabinieri che dichiarano di essere entrati in una casa "fatiscente", li convocano nei loro uffici. Si apre un fascicolo, si fanno i controlli e la casa risulta in ristrutturazione ma non fatiscente: i lavori procedono e c'è un bellissimo giardino pieno dei giochi di Anna Giulia. 

D'improvviso tutto tace, la procedura va avanti d'ufficio e i genitori li si invita a fare colloqui o quant'altro serva per capire la situazione che stanno vivendo loro e la figlia. Tutto questo fino a metà 2008, quando, il 23 giugno, un giudice decide che la bimba dev'essere affidata a un istituto nonostante alcuni operatori dei servizi sociali avessero dichiarato la coppia adeguata per capacità ed empatia. Dopo questa sentenza i coniugi vengono invitati a un colloquio assieme ad Anna Giulia. E qui succede quanto una madre non vorrebbe mai succedesse. La bimba, con la scusa di darle un gioco (ha tre anni e un gioco in più fa sempre piacere) viene portata in un'altra stanza mentre i genitori vengono rassicurati ed obbligati a restare seduti. In meno di dieci minuti si compie il "fattaccio". La bambina sparisce nel nulla e inizia il calvario dei Camparini che, nonostante gli abbiano rapito una figlia, stanno alle regole, vanno ai colloqui e a trovare la bimba nei tempi e nei modi stabiliti, tanto che la relazione dei servizi sociali è nuovamente favorevole: Anna Giulia deve tornare al più presto con la sua famiglia. Ma a questa decisione si oppone il giudice dei minori di Bologna. Quale sarà mai il motivo? Non c'è motivo perché non lo motiva. E' così e basta! Lui è il giudice!

Certo, da quel momento in poi i Camparini non se ne sono stati con le mani in mano e per troppo amore hanno sbagliato a rapire a loro volta la figlia, si sono beccati pure due anni e passa di carcere a testa (sei mesi li hanno trascorsi in cella), ma nessun giudice ha mai cercato di agevolare il rientro di Anna Giulia, nemmeno affidandola ai nonni (prassi comune in questi casi), anzi, si è fatto esattamente l'opposto, tanto che alle promesse non sono mai seguiti i fatti. Le due relazioni favorevoli al rientro in famiglia sono state accantonate e se n'è voluta una terza. Il faldone è capitato così in mano alla dottoressa Sgarbi di Bologna che, senza mai chiamare la coppia (in televisione ha detto che dovevano essere i Camparini a mettersi in contatto con lei e non lei con i Camparini, roba da matti) ha relazionato la non idoneità. Riassumendo quanto accaduto negli anni, si deve dire che la bimba è ora sotto la tutela dell'avvocatessa Sabrina Tagliati e frequenta la terza elementare, ma anche che i genitori di Anna Giulia non si rassegnano e nonostante la cassazione a maggio 2013 abbia dichiarato la bambina adottabile da altri, hanno ottenuto un nuovo processo (partito il 5 dicembre scorso). E questi sei anni di sofferenza sono nati a causa di un giudice a cui non andava di leggere due relazioni favorevoli ai Camparini...

Alla stessa maniera si comportano altri giudici. Alcuni prendono decisioni assurde nonostante siano di fronte a situazioni chiare, altri si affidano in tutto e per tutto a una struttura che annovera al suo interno anche personaggi ambigui diventati negli ultimi anni "nuovi zingari". E seppure gli operatori dei servizi sociali si lamentino di questi termini, hanno ragione perché in maggioranza sono persone preparate e di cuore, che siano rapitori di bimbi lo dimostrano altre vicende eclatanti che incatenano alcuni di loro a relazioni mai disattese dai giudici.

Quella di Vito Gigante, ad esempio, è una storia incredibile. La situazione si sposta di zona, in questo caso siamo a Trieste, ma la realtà dei fatti è la stessa. Nessuna difficoltà economica del padre, nessun problema con la giustizia, solo una separazione difficile e un'assistente sociale che da oltre due anni segue ossessivamente le mosse di quella famiglia. Non può aggrapparsi a nulla ed i figli restano sempre affidati al padre fino a quando, all'ennesima relazione, un giudice decide che l'uomo non è più in grado di dare al figlio quanto al figlio serve, solo al piccolo di nove anni e non al grande di tredici (nessun giudice ha mai tolto un figlio di tredici anni al padre quindi i servizi sociali neppure ci provano a portarli via), e sentenzia che sì, è in grado di accudire e mantenere il figlio piccolo, ma è poco "empatico" e quindi conviene che il minore si allontani. 

Il suo avvocato si oppone, dice: "Chiediamolo al bimbo se vuole lasciare il padre o se assieme a lui sta bene, insomma ha nove anni...". Ma non ce n'è per nessuno e viene fissata una data, il 14 ottobre, quale giorno ultimo che il bimbo potrà vivere a casa sua. E quel giorno due assistenti sociali suonano alla sua porta. Ma il bambino resiste, urla e scappa, non ne vuole sapere di allontanarsi da quel genitore poco empatico che ama perché suo padre. A quel punto si chiamano due agenti di polizia. Ma dopo aver parlato col bimbo i due non se la sentono di prenderlo a forza e le assistenti sono costrette ad andarsene a mani vuote. Però è solo il primo round e quanto doveva avvenire avviene... anche se in maniera subdola e vigliacca: alla zingara per capirci. Il due novembre, alle nove di mattina, il bimbo è in classe con tutti i suoi compagni. L'insegnante parla di storia e lui si sente sicuro, è a scuola, quale luogo lo potrebbe proteggere di più? Ma non c'è luogo che resista agli assistenti sociali. Infatti alla porta bussa una donna; la maestra si avvicina, le parla e poi lo chiama e gli dice di prendere le sue cose e andare fuori. Nessuno scrupolo e nessuna telefonata al padre. Consegna un suo alunno, che segue da più di due anni, come fosse un pacco postale.

Immaginatevi il cuore di questo bimbo che mai si sarebbe aspettato un agguato a scuola. La maestra gli dice di uscire di classe e lui esce, ma per prima cosa prende il cellulare, preventivamente lasciatogli nello zaino, per chiamare il padre. Con le assistenti sociali sono presenti anche due ispettori di Polizia: nessuno ferma chi strappa il telefonino dalle mani del piccolo che non vuole andare, si dimena finché i poliziotti gli parlano in privato. Cosa gli dicono non ci è concesso di saperlo, fatto sta che si tranquillizza e ridendo e scherzando sale in auto. Destinazione un istituto di Porto Marghera in cui sono bambini abusati in famiglia, a 100 e passa chilometri da casa. Ma lui non ha mai subito abusi, perché farlo vivere a contatto con chi ha vissuto tali realtà? Eventuali confidenze non potrebbero traumatizzarlo? Inoltre il padre, piuttosto che vedere il figlio finire in un istituto, aveva preventivamente parlato al giudice e firmato documenti con cui acconsentiva che il bimbo, se proprio lui non veniva ritenuto idoneo a fargli da padre, andasse a vivere da sua madre. Ma niente di questo accade e solo quando il bimbo entrò nell'istituto si decise di avvisarlo. E gli si disse anche che non poteva né parlargli né vederlo sino al 2 dicembre, perché questi erano gli ordini impartiti dal giudice.

Ed io mi chiedo se ci sarà un giorno chi metterà ordine fra questi "zingari" che vagano per l'Italia spalleggiati da altri zingari milionari che vivono immeritatamente nei tribunali. Mi chiedo se ci sarà chi metterà ordine gettando le mele marce, paragonabili a quelle pseudo insegnanti che maltrattano i bimbi negli asili nido, nei rifiuti. E' una domanda la mia, una domanda che nasce dopo aver saputo che basta la telefonata di un vicino per subire controlli invasivi e finire all'inferno. Ed ancora mi chiedo: prima di portar via un figlio altrui non ci si deve premunire di capire se è amato o trattato male? E questo ci porta a Mirabello Monferrato, un piccolo comune in provincia di Alessandria dove, grazie alla fecondazione in vitro, Gabriella Carsano, una donna di 56 anni, e suo marito Luigi Deambrosis, di 69, a giugno 2010 da meno di un mese accudivano la loro bimba. La felicità in quella casa era salita al cielo, dato che da anni volevano un figlio da amare, e il fiocco rosa che adornava il cancello sembrava aver dato nuova vita a quei genitori, anziani solo sulla carta perché giovanili in tutto e per tutto.

Ma la felicità di quei giorni si strozzò in gola ad entrambi. Tutto partì una sera di un giorno estivo molto caldo. Il padre era in giardino e aveva sistemato sul sedile dell'auto la piccola (dentro l'ovetto) per poterla controllare mentre le preparava il biberon. Il suo sbaglio? Lasciarla per cinque minuti nell'auto parcheggiata nel cortile di casa sua con lo sportello aperto. Ad un bravo e solerte vicino, che controllava da giorni i suoi movimenti, questo abbandono bastò per fargli fare quello che da giorni voleva fare. Sì, perché l'ipotetico abbandono (escluso poi da un giudice che assolse il Deambrosis dalla falsa accusa) fu la scusa che lo portò a telefonare agli assistenti sociali. Ma in paese si sa che in effetti erano gli strilli della nuova arrivata Viola (come chiameremo la bimba), questo ha detto l'uomo ai suoi paesani, a infastidire il vicino che non riusciva a dormire la notte. Come se un neonato potesse urlare a squarciagola per secoli e tenere sveglio un quartiere per l'eternità. Tutto chiaramente doveva finire nel nulla, invece la denuncia del vicino fece scoprire l'età della madre e quel fiocco rosa si appassì di colpo. Come se avere figli oltre i cinquant'anni fosse vietato dalla legge, come se una donna di quell'età fosse meno madre di una ragazzina di 18 anni.

Leggete cosa hanno scritto i giudici Donata Clerici, Federica Florio, Alberto Astesano e Silvia Truffo, metto i loro nomi perché è giusto si sappiano. "I genitori non si sono mai seriamente posti domande in merito al fatto che la figlia si ritroverà orfana in giovane età e prima ancora sarà costretta a curare i genitori anziani, che potrebbero avere patologie più o meno invalidanti, proprio nel momento in cui, giovane adulta, avrà bisogno del sostegno dei suoi genitori. Il frutto di un'applicazione distorta delle enormi possibilità offerte dal progresso in materia genetica, e la volontà di concepirla, è una scelta che, se spinta oltre certi limiti, si fonda sulla volontà di onnipotenza, sul desiderio di soddisfare a tutti i costi i propri bisogni che necessariamente implicano l'accantonamento delle leggi di natura e una certa indifferenza rispetto alla prospettiva del bambino".

A questo proposito mi viene di dire che se ci fosse una legge dello Stato italiano che imponesse alle donne di avere figli entro un certo limite di età, nessuno discuterebbe di quanto avvenuto a Mirabello Monferrato perché nessuna donna cinquantenne, tanto meno Gabriella Carsano, spenderebbe inutilmente denari per diventare madre. Ma, ahimè, una legge del genere non esiste nei nostri codici e nessun giudice dovrebbe permettersi di crearsene una per propria convinzione e poi applicarla. Lo Stato italiano paga ai giudici minorili oltre 100.000 euro di stipendio ogni anno, la Clerici ne incassa di più, e li paga perché si applichino leggi esistenti e non perché si applichino leggi inventate o personali. E tanto per fare un paragone, negli anni '90 un trentenne che abitava accanto a mia madre scoprì di avere una malattia invalidante che lo avrebbe condotto alla morte. Era sposato con una donna di 28 anni e avevano due figli piccoli. Lui dovette essere ricoverato in un centro specialistico di Ferrara e sua moglie impegnarsi e trovare il tempo per andare a trovarlo il più spesso possibile. Quell'andirivieni durò anni, finché lei andando dal marito ebbe un incidente e morì lasciando soli i figli che ora vivono coi nonni. Nonni che hanno superato la sessantina da tanti anni e a cui nessuno ha tolto i nipotini per darli in adozione.

Ma questo è solo un piccolo esempio che serve a far capire che non vi è nessuna certezza. La vita umana non è uno yogurt, non ha date di scadenza e nessun giudice può permettersi di scrivere in un atto pubblico che la piccola Viola sicuramente da adolescente dovrà accudire i suoi genitori o che resterà orfana in giovane età. Potrebbe capitare? Forse sì o forse no. Di certo a qualche figlio che ha genitori avanti con gli anni capiterà. Di certo ad altri figli che si trovano nella stessa situazione non capiterà. Se diamo per certo che capiterà a tutti, di logica dovremmo togliere preventivamente i figli a ogni genitore italiano: perché è sicuro che qualche bimbo in età adolescenziale resterà orfano a causa di una malattia terminale del padre o di un incidente stradale della madre. Basta leggere i giornali o andare in qualche reparto d'ospedale per scoprire che casi del genere capitano ogni giorno. Come escludere che possa capitare al figlio del signor Tizio piuttosto che alla figlia della signora Sempronio? Questo ragionamento avrebbero dovuto fare almeno i giudici di cassazione che invece, modificando leggermente la motivazione e parlando di poca empatia della madre, l'hanno ragionata come i primi giudici.

E a me piacerebbe vedere gli stessi assistenti sociali andare a casa di Carmen Russo e Alessandra Martines, donne che hanno voluto un figlio dopo i 50 anni. E a me piacerebbe vedere gli stessi assistenti sociali andare a casa di Gianna Nannini per portarle via Penelope. Perché non vanno? Vorrei vedere gli stessi giudici scrivere le stesse cose della ballerina, dell'attrice e della diva del rock, che ha esattamente la stessa età della madre di Viola essendo nata nel 1954. Viola che al contrario di Penelope un padre almeno lo ha. Perché alla Nannini nessuno dice nulla ed anzi le si dedicano speciali televisivi e pagine su riviste patinate in cui si scrive che forse presto farà un altro figlio? Disparità di misure, disparità di pesi e di peso mediatico fra le varie famiglie? Non si tratta per caso di uno schifo "operativo e giuridico sociale" che legge in maniera differente la stessa situazione? Ce ne sono a milioni di padri e madri che dimostrano poca empatia, che tradiscono, che moralmente potrebbero risultare inidonei ad educare un figlio. Statisticamente parlando tanti per forza di cose sono assistenti sociali e giudici. Iniziamo a spulciare e a verificare iniziando da loro? Iniziamo a fare le cose giuste? A fare una conta per vedere quanti siano i genitori a cui è meglio togliere i figli?

Ho scritto solo tre storie maledette ma avrei potuto esagerare perché i casi, a volte identici, sono moltissimi. Avrei potuto scrivere di Paola Casagrande che abita a Falconara Marittima. Una donna che aveva chiesto aiuto agli assistenti sociali e si è vista strappare il figlio di undici anni, prelevato da scuola alla fine del 2011 grazie a un'ordinanza urgente del sindaco che riprendeva il volere di un giudice minorile; la madre lavora in ospedale ed ha l'unica colpa di essere "single" e di avere avuto accanto un uomo violento. Avrei potuto parlare di Annamaria Impicciché che dalle assistenti sociali era considerata troppo sovrappeso per riuscire ad accudire la figlia. E proprio per risolvere questo problema, per non rinunciare a sua figlia di 8 anni, decise di ricorrere a un intervento chirurgico. Quindi affidò la bimba alla nonna ed entrò in ospedale dove, a causa di uno sbaglio dei medici, restò cinque mesi, alcuni addirittura in coma appesa a un filo fra la vita e la morte. Fu in quei cinque mesi che i servizi sociali agirono portandole via la figlia e scrivendo sui fogli portati al giudice che la madre l'aveva abbandonata. Annamaria lotta ancora per riaverla... e sono passati sei anni. Avrei potuto parlare di Maria Cristina Conte che nel 2007 fu segregata in casa, assieme a suo figlio, dal marito. Dopo quindici giorni di botte e minacce riuscì ad avvertire i carabinieri che la liberarono... ma le portarono via anche il figlio. Infatti è da quel 31 gennaio del 2007 che non vede il suo Kristian. Ha anche querelato il giudice del tribunale minorile di Lecce, "Maria Rita Verardo", perché invece di metterla in pratica, la legge l'ha violata. Avrei potuto parlare di Silvia Pini che ha chiesto aiuto alle assistenti sociali ed ora può vedere sua figlia solo tre volte la settimana. Peggio è andata a Rossana Romano, che dopo aver chiesto aiuto ai servizi sociali è stata accusata di abusi sessuali inesistenti, vista la sentenza di assoluzione che comunque non le permette di ricominciare a fare la madre.

Avrei potuto parlare di mille altri bambini, e mi scuso se non posso inserirli tutti, di mille altri casi che hanno un solo denominatore, quello che porta gli assistenti sociali ad essere paragonati a quegli zingari che i genitori di un tempo temevano perché davvero rapivano i loro figli. E il guaio non si ferma a questi assistenti senza scrupoli, il guaio dei genitori che si vedono portare via una parte di loro stessi prosegue in quei giudici che ogni mattina scordano a casa i polsi e applicano leggi inesistenti, quando non violano apertamente quelle in vigore, perché uno Stato debole e sottomesso glielo consente. E il guaio per tante mamme e papà è sempre lo stesso, il guaio nasce dallo sbaglio iniziale. Siamo d'accordo, tanti bambini vivono molto meglio lontano da famiglie che li umiliano, li violentano, famiglie che non meritano e non vogliono avere figli accanto. Ma tante avrebbero solo bisogno di un piccolo aiuto economico per far star meglio i figli. E dare dai 100 ai 300 euro al giorno ad istituti fatiscenti, vergognosi e pericolosi, o ad altre famiglie perché si prendano cura di un figlio amato dai propri genitori è, oltre che un macabro gioco infame, un enorme spreco italico. Basterebbe darne meno della metà alla madre o al padre per migliorare la situazione, basterebbe usare, oltre alla legge esistente, il cuore e la razionalità per migliorare la vita di tanti figli e di tanti loro genitori.

2 commenti:

Sira Fonzi ha detto...

Ciao Massimo,
su Panorama tempo fà c'era un intervista all'ex giudice Morcavallo, che vale la pena leggere. Questo l'indirizzo:
http://news.panorama.it/politica/in-giustizia/Scandalo-Affidi-Minori-Bologna

Sempre sulla stessa pagina, sulla colonna di destra, tra gli articoli consigliati, ce n'è un altro dal titolo:"Lo scandalo dei minori affidati", che parla della commissione d'inchiesta,denominata "Finalmente Libero", creata dalla Federcontribuenti e nata proprio per indagare su quello che tu giustamente definisci un vero business.

Un articolo denuncia molto bello il tuo, che hai reso più prezioso con la sensibilità e l'umanità che metti in ogni cosa che fai.

Un abbraccio
Sira

Manlio Tummolo ha detto...

Condivido in pieno, caro Massimo, quanto scrivi. Pensare poi che il nostro Capo di Sgoverno ancora si vanta di aver elemosinato 500 milioni di euro dagli emiri e sceicchi, già ben oltrepassati dalla cifra che tu citi e a cui potremmo aggiungere i quasi 300 milioni di euro per i soli danni "naturali" recenti, a Roma. Che speranza si può avere da queste "cime" della società italiana ?