sabato 1 febbraio 2014

C’era una volta il bel paese…

Articolo di Gilberto Migliorini



L’Italia perde i pezzi? Perfino la Fiat cambia nome e nazione… e i partiti (sì quelle entità simil-ideologiche) si scindono in essenze più o meno discernibili. Sempre più indistinti, con identità effimere e totipotenti, diversi quel tanto che basta per non esplicitare quei referenti occulti e spesso identici come gemelli monozigoti. Ci pensano i sistemi elettorali a ricomporre un paese altrimenti all’incanto: con un colpo di bacchetta magica si moltiplicano i pani e i pesci: magnum miraculum est homo. Dal Porcellum al Prodigium si tratta di un percorso obbligato verso la politica intesa come l’arte del gioco di prestigio, miraggi e illusionismi nei quali l’elettore si offre volontario, una comparsa di quella grande performance nella quale viene tagliato in due, in quattro, in otto e poi con un coup de theatre ricomposto in una specie di chimera, un ircocervo, un prodotto dell’ingegneria genetico-istituzionale. Un elettore reale quando entra in cabina per fare atto di doverosa partecipazione (la libertà è partecipazione recitava una vecchia canzone di Gaber): mette una croce… infila la scheda nell’urna… e il suo compito è finito, fino alla prossima chiamata a raccolta dove per uno o due giorni l’elettore torna entità reale, in carne ed ossa…

Poi diventa un ectoplasma, un numero virtuale, con peso e rilevanza a geometria variabile, in relazione ai processi di imputazione elettorale, percentuali col peso lordo e la tara, col peso netto occultato col doppio turno, i collegi, le circoscrizioni e quanto altro disegna il collage del paese costruito con riga e compasso, macellato chirurgicamente. L’elettore… uno zombi che si aggira in quelle aule un po’ decrepite di qualche scuola old fashion, arie compunte, un po’ spaurite, arie civiche da cittadino doverosamente a fare ammenda e servizio, per dare lustro al sistema democratico di quei partiti che lo portano in palmo di mano… in processione come una madonna pellegrina… Cives italici che si accalcano davanti a un’aula come tanti scolari in fila ad aspettare il proprio turno perché le cabine sono già occupate: suvvia non spingiamo, presidente di seggio e scrutatori sono lì per garantire che tutto si svolga a puntino, che formalmente sia tutto secondo copione, che le schede cadano nell’urna soavemente, come tante farfalle che poi gli entomologi andranno a decifrare secondo il verbo di un porcellum, di un prodigium, secondo la convenzione che fa dell’elettore una frazione, un moltiplicatore, un’equazione con o senza incognita. 

Insomma farfalle più da interpretare che da conteggiare, più da infilare in un pallottoliere in qualche codice alieno, binario, esadecimale, biquinario… Schede anonime, ripiegate come origami che d’improvviso, dispiegate, acquistano la forza e la legittimazione di un’equazione di grado infinito, come alla roulette, rouge ou noir rien ne va plus, o come al supermercato, compri tre e paghi due. Divide et impera. L’elettore è per l’appunto una frazione numerica con l’incognita del numeratore e del denominatore. Incremento e diminuzione a seconda del peso del partito, della legittimazione del mazziere, dell’escamotage con il quale cambiano i pesi e le maggioranze, costruite a tavolino usando le percentuali come numeri magici. Carte truccate? No, accidenti, solo coriandoli, stelle filanti in un carnevale di scherzi e lazzi: siamo solo mascherine che giocano, arlecchini e pulcinella che vanno allo spettacolo per dargli spessore e colore, un copione già preparato, scritto in ogni dettaglio. Ed è bello far parte della coreografia come se fossimo davvero gli attori sulla scena, e invece il nostro ruolo è soltanto lanciare pallottoline di carta leggere come foglie al vento, o pesanti come mattoni se ci ricadono in testa… 

Sì, par davvero di vederli quegli elettori compunti che vanno a decidere del loro destino, anime candide che assumono quell’aria seria e pensosa, identità da cives integerrimi, mai rassegnati, che forse però non sanno che il destino è già scritto nel grande libro astrologico, quello che per ciascuno di noi è già scolpito nel cielo delle sostanze sempiterne, leggi elettorali, accordi sottobanco, regolamenti ad hoc per farci stare come Pinocchio tra le marionette nel teatrino di Mangiafuoco.

Ma si sa che l’elettore ha infinite risorse, non si dà per vinto. Come Pinocchio si butta ai piedi del burattinaio per impedire che Arlecchino finisca a bruciare sul fuoco:

- Pietà signor Mangiafuoco
- Qui non ci sono signori! – replicò duramente il burattinaio
- Pietà signor Cavaliere!
- Qui non ci sono cavalieri!
- Pietà signor Commendatore!
- Qui non ci sono commendatori
- Pietà Eccellenza!...
A sentirsi chiamare Eccellenza il burattinaio fece subito il bocchino tondo…[1]
Alla fine Pinocchio riesce a strappare la grazia per Arlecchino.
- La grazia è fatta! – rispose Mangiafuoco: poi soggiunse sospirando e tentennando il capo: - Pazienza! Per questa sera mi rassegnerò a mangiare il montone mezzo crudo, ma un’altra volta, guai a chi toccherà!..[2]
L’elettore in fondo è un suddito che chiede grazia a un sistema dove, una volta effettuato il suo dovere civico, lui è soltanto un numero immaginario, la radice quadrata di meno uno. La grazia cortesemente concessa è d’essere combustibile per quel burattinaio che tutt’al più gli concede di annuire col capo quando gli si chiede di far da zimbello o da pietanza.
O per citare Ungaretti Si sta come d’autunno gli alberi le foglie.[3] Volano via leggere e con la grazia inconsistente dei pensieri ariosi e ineffabili. Elettori che in ogni stagione sono soltanto foglie al vento, soldatini che devono dire solo si o no col capo prima di scomparire al primo alito di vento. Sistemi binari, 0 e 1, black and white. Col premio di maggioranza si può governare senza quegli sgradevoli impicci, quelle dissidenze che sì, fanno tanto pittoresco se si limitano a contare come il due di briscola (ostruzionismo da ghigliottinare), ma che poi risultano davvero perniciose per chi considera il potere una faccenda del tutto personale, qualcosa da condividere solo con pochi intimi, gente fidata, camarille… (e con quei fiancheggiatori di peso… non quelle insulse farfalle che hanno la pretesa di contare nell’urna). Vivaddio con le opportune coincidenze, con i sostegni del caso (mass-media, ambienti economici, finanziari e industriali) si può perfino fare il miracolo, trasformare l’acqua in vino come nelle nozze di Cana. Il sistema è quello del prodigio, una magia con la quale l’elettore, suo malgrado, a sua insaputa, diviene vuoi un lillipuziano (il suo voto scompare percentualmente come un buco nel niente, un mero coriandolo nell'urna) e vuoi un gigante di cartapesta (come il mago di Oz), e proprio come Gulliver, i suoi viaggi, il suo movimento da un'isola ad un'altra (da un partito ad un altro) diventa un movimento a vuoto , ogni isola segna una tappa ulteriore verso la follia.[4] 

Certo si tratta di un ossimoro, un viaggio verso l’afasia dell’elettore che appare solo un guscio vuoto, un orpello da mettere in bella mostra nelle feste canoniche, da spolverare ogni tanto e far parlare come un ventriloquo. Ci si rivolge a lui con il sussiego e il garbo che merita un personaggio davvero importante, lo si tratta come un oggetto di porcellana, si parla di lui come fosse il santo patrono del sistema elettorale, vestale del tempio della democrazia. Poi… ridiscende dal cielo in terra, e diventa invisibile come Garabombo nel romanzo di Manuel Scorza.

Però c’è il programma a fare da àncora di salvezza per un elettore che si aggrappa all’ultimo scoglio per rivendicare la giustezza e la rilevanza del coriandolo nell’urna. L’indicazione della strada per uscire da uno stato di perniciosa sindrome da disorientamento sembra però piuttosto vaga, per non dire evanescente come per Alice nel Paese delle Meraviglie.

 - “Vorresti dirmi di grazia quale via prendere per uscire di qui? - disse Alice
 - dipende soprattutto da dove vuoi andare – disse il gatto.
 - non m’importa molto – disse Alice.
 - Allora non importa che strada prendi – disse il gatto.
- purché arrivi in qualche posto – aggiunse Alice come spiegazione.
 - Ah per questo stai tranquilla – disse il gatto – basta che non ti fermi prima.” [5]

Il sistema democratico in fondo è come un flatus vocis, una macchia di Rorschach per la quale pirandellianamente così è se vi pare.

Ma suvvia non siamo troppo pessimisti, in fondo esiste perfino una opposizione a far sentire la sua voce tra uno spot pubblicitario e un carosello, proprio come se esistesse spazio per la dissidenza. Nei sistemi dittatoriali la dissidenza viene repressa, in quelli democratici è incoraggiata, vezzeggiata e… confinata nel suo spazio di rappresentanza… in luoghi dedicati, attrezzati, agghindati… in culo alla balena.

 - Se viceversa – continuò Tweedledee – così fosse, potrebbe essere; e se così fosse, sarebbe; ma dato che non è, non si dà. E’ logico.” [6]

Il programma politico sembra essere qualcosa di misterioso nelle sue concrete implicazioni, salvo essere oggetto addirittura di un patto con l’elettore. Si tratta di quella suggestione, catarsi multimediale, sventolii di bandiere in primo piano (accorta regia di emozioni), parole piene di pathos e pressoché insignificanti nel loro essere soltanto semiofori, etichette, emissione di rumore, una insieme di istruzioni indistinte salvo per la capacità di evocare desideri e speranze, chiamale se vuoi emozioni. Uno zibaldone, origami, dove le implicazioni sono ripiegate, nascoste, addirittura contrarie a quello che il suo contenuto manifesto sembra indicare.

C’è nell’Italia attuale qualcosa di inespresso, un quadrante cieco nel quale gran parte dei cittadini non ha né voce e né rappresentanza. Purtroppo l’elettore è diventato specchio del suo referente che ha ridotto il paese a un deserto di luoghi comuni, di frasi fatte, di etichette appiccicate. La scuola è ridotta a un sistema di rappresentanze vuote, di schematismi retorici, una cultura del si dice e delle voci che corrono, di una democrazia vuota e pretestuosa. La cultura del paese è precipitata al livello del rotocalco, del fotoromanzo, del fumetto, del format nazional-popolare. La rappresentanza è diventata speculare a un cittadino medio che sceglie le opzioni con il telecomando, che non sa distinguere un pollo da un tacchino o un ronzino da un cavallo di razza. Un cittadino che mentre sta precipitando nella povertà si illude ancora di poter scegliere con cognizione di causa, che non sa che alla festa di quei pochi che ancora se la godono lui non sarà invitato.

Eppure nel nostro paese esistono ancora persone oneste e capaci, uomini e donne che saprebbero risollevare l’Italia dal buco nero dove è precipitata. Tre sono gli ostacoli perché possano rappresentarci. In primo luogo le persone oneste in certi ambienti sono viste come fumo negli occhi. In secondo luogo sono persone che non hanno lo stile dei venditori che piace tanto all’italiota miope che abbocca all’amo credendosi furbo, sono persone che proprio perché parlano con franchezza e sincerità non assecondano il narcisismo e la dabbenaggine. In terzo luogo sono persone che conoscono bene i tranelli della politica, i suoi raggiri e le sue menzogne. Sanno che la correttezza e la competenza in questo paese sono mal viste, come la ricerca del bene comune che è ormai considerata cosa obsoleta, si preferisce l’ideologismo e la retorica che bene o male fanno sempre presa su un elettorato abituato allo zapping col telecomando. Purtroppo l’Italiano sa risollevarsi solo nei momenti più dolorosi della sua storia, come dopo il secondo conflitto mondiale quando il paese era allo stremo. Speriamo di non dover nuovamente toccare il fondo per riuscire a far riemergere la nostra dignità e il nostro coraggio.  Articolo di Gilberto Migliorini



[1] Collodi “Le avventure di Pinocchio
[2] Ibidem
[3] Giuseppe Ungaretti “Soldati
[4] Jonathan Swift “I viaggi di Gulliver”
[5] Lewis Carroll “Alice nel paese delle meraviglie”
[6] ibidem

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5 commenti:

Manlio Tummolo ha detto...

Condivido, Gilberto carissimo, quanto scrivi: aggiungo alcune osservazioni. Per avere una democrazia reale ed efficace, occorre che i cittadini abbiano mezzi reali per esprimersi, il che non avviene quasi in alcun luogo, perché si confondono sistemi elettorali a suffragio universale (il necessario) con il sufficiente (poter scegliere veramente per chi votare, mentre la scelta in effetti non esiste, non essendoci alternative ben determinate).

Occorrono, quindi, da un lato una coscienza politica e civica che deriva da una cultura politica profonda (che pochi posseggono), dall'altro eligendi onesti, seri, attivi, energici (anche questi assenti). Ecco perché la democrazia oggi è solo un flatus vocis privo di sostanza, mentre viceversa esistono oligarchie (governi di pochi), timocrazie (governi fondati sul reddito), plutocrazie (fondate sulla ricchezza), mercuriocrazie (governi fondati sul furto, da Mercurio, dio dei mercanti e dei ladri, nella mitologia classica), onagrocrazie, come Croce definiva il fascismo, se non fosse che i poveri asini equini sono di gran lunga preferibili agli asini umani.

Anonimo ha detto...

Carissimo Manlio
Ringraziandoti per il tuo commento di apprezzamento ne approfitto ancora una volta per dissuaderti dall'interrompere l'uso di internet. Tutti, chi più e chi meno abbiamo avuto qualche grattacapo con il computer: problemi di collegamento, connessione, crash, virus e quant'altro. Nell'appartamento in cui vivo ho una sola presa del telefono in soggiorno dove è posizionato anche l'instradatore (Router). Utilizzando semplicemente i fili elettrici delle prese di corrente (con l'uso di una apparecchiatura da poche lire) porto un ottimo segnale in altre stanze. Insomma oggi esistono varie soluzioni tecniche per ovviare agli inconvenienti. I problemi tecnici si possono risolvere con facilità scegliendo un buon professionista che ci sappia consigliare, più difficile risolvere i problemi politici come giustamente osservi nel tuo commento a causa degli interessi e dei particolarismi sottesi. Sono certo che alla fine cercherai e troverai una brillante soluzione ai tuoi problemi di connessione.
Ciao
Gilberto

Manlio Tummolo ha detto...

Non è solo questione tecnica, questo è il punto doloroso, Gilberto carissimo.

Quanto poi ai tecnici, quello che all'inizio ti sembra bravo, poi dopo ti pare una schiappa. La tecnologia informatica comincia ad assumere i connotati della mostruosità, che non si riesce a controllare in pieno.

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimo Gilberto posso solo farti i soliti complimenti,un articolo quasi politichese,di un bel "paese" trasformato in una povera Italia e di come ci siamo ridotti,di come siamo caduti in basso, purtroppo per colpa di quei politici che promettono ma non mantengono,parlano di riforme e non accade nulla, nessun cambiamento istituzionale,partiti che muoiono e partiti che rinascono dalle proprie ceneri,tutto questo per governare un paese convalescente,e per fortuna che è arrivato il Dottor Renzi che ha la cura per risollevare il malato "Italia",sperando che non sia il solito politico che parla tanto e di "fatti" non si vede nulla.Il tuo umile scudiero ti abbraccia sempre con affetto caro amico.

Anonimo ha detto...

Caro Vito, amico e scudiero.
Mi sa che tra non molto dovrai reggere il moccolo più che lo scudo. Ormai è buio pesto. Qualcuno è ottimista e dice che siamo fuori dalla crisi. Più che un paese convalescente a ma sembra un paese comatoso. La speranza è sempre l'ultima a morire.
Ciao
Gil