martedì 15 aprile 2014

S'i’ fosse foco... (a 'la demagogia de li politici mi c'appiccherei)




Articolo di Gilberto Migliorini 

Quale diagnosi per un paese che non cresce, che non diventa mai grande? Al capezzale dell’amato bene, non donna di province ma bordello, tanti illustri diagnosti, paragnosti, maghi e indovini, e perfino… ma va… economisti. Non mancano mai… con tanto di tabelle, righelli... matematica finanziaria e ragioneria aziendale: i bisogni, quelli veri, tradotti in equazioni lineari. Poi ci sono loro, gli opinionisti di rango che ti scodellano una TAC che penetra fin dentro le budella del paziente comatoso e tentennano con la testa come per dire che la situazione è davvero grave, quasi disperata, ma forse il poverino si può salvare… Nel loro responso non sono però del tutto chiari i veggenti, non si capisce se basta un clistere o se invece occorrono esami invasivi, un intervento in laparoscopia. Qualcuno è draconiano, occorre amputare, soluzioni drastiche, ma in grado di salvare il paziente da un’infezione viscerale. Tagliare un bel tratto intestinale e magari in aggiunta anche una piccola resezione dove serve a riportare tutto in percentuale.... Ognuno la racconta a suo modo in ragione della sua specialità anatomica (fisiognomica e frenologica) che presuppone una cura diversa e più o meno radicale.

S’i’ fosse foco, ardereï ‘l mondo. Se chiedete all’allenatore di calcio, che non può mai mancare, vi dirà che è tutta una questione di moduli tattici, un po’ di catenaccio e il solito contropiede. Vi farà il disegnino alla lavagna (le slides) per mostrare che ci sono gli schemi di gioco da cambiare: rafforzare il centrocampo con l’inserimento del difensore, e poi aggiungere l’ala tornante. Insomma, cambiar tutto il modulo per non cambiar niente, tanto i tifosi sono di bocca buona e basta spostare un po’ i giocatori sul campo per far vedere che la squadra adesso gira, e bisogna vedere come corre… Solo che cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia… sempre in fondo alla classifica, in zona retrocessione. Ma l’anno prossimo si vedranno i risultati… si sarà in zona Uefa, che dico, Champions League… “Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza…”

s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei. L’industriale non farà che elogiare le privatizzazioni (alienazioni, concessioni, servizi in appalto, cessioni immobiliari) che il politico caldeggia con ardore neutrale e disinteressato). Proprio quelle dismissioni (parola che sembra riferita a un indumento démodé) che hanno procacciato così tanti vantaggi al paese svendendo tutto quello che ci appartiene come comunità, per quattro palanche e per riceverlo indietro un po’ in affitto e un po’ con la cessione del quinto, in ‘comodato’, pagando gli interessi o addirittura come onere accessorio di una tassazione ad hoc. Lo dice anche la pubblicità delle banche: ricevere una sommetta per pagarla in vent’anni di comode rate. Non si compra così anche il frigorifero? Italiani a rate che vendono il loro futuro per comprarsi qualche anno in più sperando e scommettendo su un destino fausto e benevolo. Magari affidare tutto a quel cloud computing, finanza creativa diffusa nell’orbe terraqueo, dispersa, un po’ anonima e un po’ vorace. Coloni di quella nuova frontiera del sistema globale, moderni servi della gleba del capitale finanziario sotto forma di indebitamento progressivo.

s’i’ fosse vento, lo tempestarei. L’economista liberista (boccone boy) a braccetto di quello sopra non farà che elogiare la parsimonia, la spending review, con la quale, in modo austero, un po’ si licenzia e un po’ si riducono i margini di contrattazione: investire nella finanza, spremere meglio il capitale sotto forma di accumulazione, trasformare i lavoratori in finanziatori e i finanziatori in lavoratori, insomma produrre denaro col denaro (il campo dei miracoli del Gatto e la Volpe dove per magia crescono gli zecchini d’oro). Per i beni reali - compreso il benessere collettivo, l’istruzione, la cultura, la sanità, l’ambiente… - si tratta soltanto di fenomeni accessori di uno sviluppo produttivo legato alla libera iniziativa, all’estro creativo dell’imprenditoria speculativa (non in senso filosofico). Per la Cosa Pubblica - le proprietà collettive e i beni della comunità nazionale, compresi quelli un tempo demaniali e il nostro ambiente di vita… l’aria, l’acqua, il suolo, il territorio… - si tratta di considerarla alla stregua di un bene alienabile: mettere tutto all’asta al miglior offerente (facendo magari preventivamente andar male l’azienda Stato). Rendendo decotta la cosa pubblica si vende meglio e a prezzo di saldo, si trasformano gli investimenti pubblici a vantaggio dei privati, che poi investono per il loro tornaconto magari in Burundi. Se poi, dopo l’affaire, si delocalizza, tanto meglio, tirando la cinghia la spending viene meglio.

s’i’ fosse Dio, mandereil’ en profondo. E qui comincian le dolenti note direbbe il poeta. I fulmini divini riguardano quell’opinionista che proverbialmente con un colpo al cerchio e quell’altro alla botte si fa fustigatore dei costumi, un Savonarola che imperversa auspicando quella terapia un po’ da chemio e un po’ da aspirina, proverbiale e indeterminata, dove non capisci se si tratta di omeopatia, chirurgia, radioterapia… o semplicemente di un effetto placebo. Comunque l’autorevolezza del medico è in grado di far stare tutti un po’ meglio anche solo quando arriva al capezzale del moribondo, che se non altro riceve l’estrema unzione.

s’i’ fosse papa, sere’ allor giocondo, ché tutti cristïani imbrigherei. Si tratta di un papa laico, talvolta perfino una papessa, quel parlare a braccia di moralità, eticità, deontologia… quel galateo di Monsignor Della Casa fatto di modi accorti, di politicamente corretto, di quell’etica della situazione, geometricamente variabile e invariabilmente opportunista (predicare bene e razzolare… ancor meglio), magari con quell’alto sentire fatto di proverbiali luoghi comuni: “Non si vuole anco, soffiato che tu sarai il naso, aprire il moccichino e guatarvi dentro, come se perle o rubini ti dovessero esser discesi dal cinabro…” Un po’ di femminicidio (termine intraducibile in qualsiasi altra lingua indoeuropea, ma così evocativo di un so che di impegnato, a la page… un conformismo indottrinato secondo i dettami della moda e del bon ton minimale…) e un po’ di quote rosa (la donna trasformata in specie sotto tutela e protetta nel recinto di un parco tematico, tra la suffragetta e l’olgettina, tra la Casa di bambola e la velina). Un po’ di lezioni americane di puritanesimo da padri pellegrini, e un po’ di mondo del disincanto e del dismagamento, quel sano realismo della razionalizzazione sulle spalle dei soliti noti: lavoratori in mobilità, cassintegrati, rottamati, precariati, disoccupati, sfrattati e disperati (una violenza sistematica che perpetua la subordinazione e annienta fisicamente e psicologicamente un cittadino nella sua identità di genere tanto maschile quanto femminile) e… vivaddio gratificati di un cadeau elettorale virtualmente inesistente. Un regalino sbandierato ai quattro venti come fosse arrivata finalmente la befana in tempo primaverile, voto scambiato con l’obolo della carità, magari arruffianato con plausi e blandizie da venditore di sogni su materassi a molle.

s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei? A tutti mozzarei lo capo a tondo. Certo il fisico ha le idee chiare, la galileiana tradizione toscana fatta di pesi e misure è garanzia di concretezza. Però aggiornata alle doppia fenditura della meccanica quantistica. È lì che si scopre che un solo interprete può entrare per due vie diverse e che come nella santissima trinità si può essere in contemporanea un po’ di destra e un po’ di sinistra (e anche di centro), e fare come il gatto di Schrödinger, un po’ di qua e un po’ di là, con i piedi in due scarpe si cammina meglio. Il cosmologo con le teorie del tutto ti dimostra che se oggi siamo messi male è colpa di un buco nero (nel bilancio e nel debito pubblico). Il biologo argomenterà di eredità darwiniane che rimandano a mutazioni genetiche del tutto casuali... L’astrologo, guardando nel libro delle stelle ti spiegherà della difficile posizione di Giove e Saturno sul tema natale. Ma l’anno prossimo sarà tutta un’altra musica…

S’i’ fosse morte, andarei da mio padre s’i’ fosse vita, fuggirei da lui. Lo psicoanalista sarà chiaro e senza peli sulla lingua. Complesso edipico, uccisione del padre. Evirazione (quasi) simbolica. Si tratta di un doloroso passaggio del testimone, per la verità non si sa ancora se lo Spirito Santo andrà in soccorso dell’uno o dell’altro pretendente sul trono fallico. I due per il momento vanno d’accordo in attesa di sapere per chi tiferà Giocasta. Il vigore e la spregiudicatezza giovanile sembrano giocare per il figlio, ma il padre è ricco di esperienza e in fatto di strategie la sa davvero lunga.

similemente faria da mi’ madre. Si tratta della burocrazia, la madre di tutte le battaglie, non quella necessaria alla gestione ordinata del paese, ma quella dei trucchi contabili, delle evasioni fiscali mascherate da gioco linguistico, per dire che la matematica è solo un’opinione. L’uomo di potere come al solito se la prende coi burocrati, non dice quali per non compromettere la ricerca del capro espiatorio. Si sa che di mamma ce n’è una sola. Vero che oggi ci sono anche gli uteri in affitto e perfino i padri putativi. Comunque si può sempre scaricare le responsabilità sul condom difettoso.

S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui. Ma chi è l’italiano questo sconosciuto? Statisticamente quello che mangia quella famosa porzione di pollo (adesso progressivamente ridotta per una dieta a punti). Quello della pernacchia di Sordi? O quello ipnotizzato nella moderna caverna platonica, il teleschermo nel quale il target è immerso anche quando dorme, quando lavora, quando passeggia per strada e va al supermercato… un Truman ignaro che gli hanno istallato un chip… indovinate dove (ma naturalmente a scopo diagnostico per via di quella flatulenza sospetta). L’Italiano vero è  l’ipostasi di quel selfie fotografato nello specchio del teleschermo. E il tapino vi si riconosce, come se fosse proprio lui quello che lo guarda estatico e felice.

torrei le donne giovani e leggiadre e vecchie e laide lasserei altrui. Uno sberleffo alla retorica di un paese che nel medioevo era soltanto un’entità astratta sulla carta geografica. I poeti spesso vedono davvero lontano, una linguaccia a quell’ipocrisia che diventerà la cifra dell’Italia dei bacchettoni e dei benpensanti, quella dei sepolcri imbiancati. Un’Italia che oggi si nutre di retorica e demagogia, e delle quali ogni giorno si può toccare con mano la consistenza cedevole, sentirne l’odore disgustoso… sostanza sui generis (merde alla francese), in quantità industriale, prodotta in serie e perfino con quel dantesco suono onomatopeico (ed elli avea del cul fatto trombetta). Perbenismi ed eufemismi così cari al potere che inganna un popolo disposto a prenderlo in quel posto...

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Caso Scazzi: un'ipotesi basata sui potenziali falsificatori
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Caso Scazzi – Logica e suggestione – Il tacchino di Russell
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1 commento:

Anonimo ha detto...

IL PARLAMENTO OGGI
Da Cittadino neutrale lo paragono al Mercato delle Vacche.
Da ragazzino andavo a scuola alla Dante Alighieri di Firenze
Ricordo che in piazza della Signoria tutti i venerdi Sensali e Contadini si incontravano per discutere eventuali compra vendite.
I Contratti? li sigillavano sputandosi sulla mano prima di stringersela.
Ciò che ci differenza dal Passato?
La Mancanza di serietà è il non rispetto della parola data.
Il Popolo per tutti gli abusi subiti dovrebbe chiedere Giustizia Dando vita ad un Tribunale del Popolo che giudichi veramente chi approfitta di cariche Istituzionali per fare i loro Interessi. La punizione dovrebbe essere di esempio non depenalizzata Come avviene nei Tribunali che permettono a gli avvocati di menare il can per l’aia sino alla prescrizione del reato. VITTORIO