mercoledì 4 giugno 2014

La nuova destra italiana? Il Pd e il mancinismo corretto...

Di Gilberto Migliorini


Ha un bel dire Gianfranco Fini nel voler ricostruire una destra che non scimmiotti Le Pen. L’ex leader di Alleanza Nazionale arriva decisamente in ritardo, bruciato sul tempo. La vera nuova destra italiana c’è già, è il PD, messa a punto a colpi di rottamazione e con l’arte sublime del gioco di prestigio. Il neo-trasformismo con la magia consente di cambiare look e vestito in poche battute (lasciando letteralmente in braghe di tela perfino il più scaltro antagonista, meglio perfino di Brachetti), sfidare le leggi della fisica con arditi equilibrismi, costruire geometrie cinetiche con metamorfosi da cardiopalma, scomparire e poi ricomparire come un troll burlone e scanzonato, folgorare l’elettore sulla via di Damasco.

Nella trappola del nominalismo si può perfino dar credito ai vignettisti che satireggiando mettono alla berlina i grillini colpevoli, a loro dire, di compromessi xenofobi. Si vede la pagliuzza nell'occhio reprobo, e non l’architrave del proprio pupillo (pardon… pupilla)? È pur vero che c’è l’alleato a far da contraltare, ma si tratta per lo più di un fiancheggiatore satellitare, l’escamotage per dire che alla destra c’è qualcuno più a destra e dunque si sta a sinistra (ma poi si tratta solo di differenze di lana caprina, sfumature da contorsionista). Il gioco di prestigio può far scomparire addirittura un partito (nel misterioso patto di via del Nazareno) e farlo ricomparire come se si trattasse di un coniglio levato fuori da un cappello a cilindro, collocarlo per convenzione dove è d’uopo e dove sta meglio agli occhi dell’elettore. Un elemento d’arredo messo lì come un semioforo (un semaforo virtuale) per indicare agli sprovveduti dove sia giusto andare, dove sia la destra e dove la sinistra, giusto per non andare a sbattere contro qualche terzo incomodo. 

Il povero elettore non sa più nemmeno lui con quale mano mangia e scrive (qualcuno già parla di mancinismo corretto), per questo occorre dirgli you are here. Per non disorientarlo con inutili panegirici e circonlocuzioni che potrebbero metterlo su una cattiva strada, bisogna aggiungere, proprio come in Google maps, gira dove ti indica la freccia, mica che per caso scambi per destra la sinistra (o la sinistra per destra). Per carità nessun pregiudizio né a destra né a manca (ogni forza politica ha una sua dignità di programmi e una sua funzione nobile e appassionata), però occorre essere franchi e senza peli sulla lingua. Il nuovo PD renzino è un bel partito con tutte le carte in regola - a parte le etichette che servono sempre per i nostalgici e per gli aficionados - per collocarsi dove un tempo stavano non dico gli Almirante, ma almeno i Malagodi

Mutatis mutandis (compreso il pannolino in caso di incontinenza programmatica) l’evoluzione lenta e inarrestabile della specie ha portato a termine la metamorfosi lessicale: dire a la gauche pour dire à droite. Qualcuno erroneamente parla di nuova Dc - quelli che dicono sinistra, bisogna capiamo se stanno al centro - ma si tratta chiaramente di un anacoluto (nominativus pendens). La vecchia Dc stava al centro perché aveva le correnti che soffiavano un po’ a destra e un po’ a sinistra con degli spifferi che non sapevi mai bene da dove provenissero. Il PD renzino ha sì una sinistra, ma si tratta per inciso di una gauche di rappresentanza, messa lì come spleen, rimembranza dei bei tempi andati, un arredo con il gusto classico di un orpello bellamente inutile, ma comunque per i nostalgici ancora trendy e a la page, un po’ come un troumeau nel salotto buono. Giusto per dire che lì c’è un dibattito interno e che poi, alla fine, si è tutti solidali pur nei distinguo e nei dissensi: si dice centralismo democratico e si intende tutta a tribordo

Il centro è un baricentro solo per dire… una pura astrazione. Su quel punto immateriale e teoricamente inconsistente è come mettere il culo sulla punta di un ago, posizione scomoda e piuttosto instabile. In fondo quello che importa è va dove ti porta il cuore, che batte sempre a sinistra in quanto a etichette e vignette. Ma si sa che le etichette (e le vignette) sono solo per il brand, per dire che si tratta di un una bottiglia del tutto speciale, un millesimato. Per quanto si dica che sia un vino doc, non si può mai sapere con certezza se all’etichetta ne corrisponda il contenuto. Occorre effettuarne la degustazione, magari armati di tastevin, comunque senza pregiudizio e senza malignità ruotando il bicchiere, osservando il liquido in trasparenza, scrutando gli archetti e le lacrime sul cristallo, infilando il naso nel ballon e lasciando che le molecole inebrino le cellule olfattive. 

Solo alla fine procedere all’assaggio, rilevare i caratteri organolettici, lasciando scivolare il nettare sublime sulle papille gustative. L’operazione richiede la professionalità del sommelier e magari anche un po’ la teatralità del vignettista. Per carità potrebbe perfino darsi che dentro la bottiglia ci sia un vino di classe, un Barolo o uno Chateauneuf du pape. Ma potrebbe anche trattarsi di un vino annacquato, per dire, una volgare contraffazione. Per i vignettisti poco importa il contenuto, l’importante è lo slogan, il brand, e che non sia un brandy ma solo grappa di sterco di capra cosa importa, l’importante è la gradazione. E se la gradazione dà alla testa? Si può cambiare significato alle parole (traslitterazione creativa).

Per i puristi della lingua, gli affezionati all’accademia della Crusca, la distinzione destra vs sinistra conserva ancora un suo imprescindibile significato denotativo, ma si tratta di fossili in via di estinzione. Per gli orwelliani occorre rivisitare la distinzione connotativamente alla luce del bispensiero. Per i pragmatici della lingua dell’uso, gli sciacquatori dei panni in Arno, il Fiorenzino illustre, è sufficiente mantenere quella sana souplesse che accontenta tutti: un colpo al cerchio e quell’altro alla botte… E così è se vi pare.

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3 commenti:

Vanna ha detto...

Caro Gilberto, condivido tutto!

magica ha detto...

mi dispiace ma , non ho capito niente.in poche parole., si scrive di destra e sinistra ma alla fine quale partito che secondo lei è il migliore ?
io sono sempre stata di destra anche quando non sapevo che il mio pensiero fosse rivolto a destra .
a molti da' fastidio pensare alla destra .
daltronde potrei anche cambiare idea, ma ho osservato che buttare via le idee di sinistra è molto arduo , infatti c'è stato bisogno di buttare giu' un muro molto resistente per poter trovarsi nuovamente nella democrazia perduta anni prima

..in corea del nord e cina e cuba il pensiero comunista è molto vivo.
la destra è malleabile dura meno .

Gilberto ha detto...

Cara Magica
Il problema che ho affrontato non è quello di stabilire quale partito sia il migliore (anche se ognuno è ovvio ha una sua libera e legittima opinione), ma quello della coerenza e della consequenzialità con gli ideali che un partito o un movimento vogliono esprimere traducendoli in comportamenti adeguati e rispondenti ai valori civili e alla progettualità etica e teoretica che pongono a fondamento del loro programma politico.